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mercoledì 16 ottobre 2013

Vivere nel futuro, convivere col passato.



Dritto procedo per la mia strada.  
E' necessario che avanti vada  
Reco il fardello del mio passato  
di ciò che era, di ciò che è stato

In esso ripongo i fiori e i frutti  
dei giorni più belli dei giorni più brutti ,
tutte le ansie, tutti i dispiaceri ,
tutte le gioie, tutti i pensieri


Gli amori trovati, gli amori perduti,
gli amori desiderati e mai vissuti, 
le mie rinunce, ciò che ho perduto,
tutte le volte che restai muto

Tutti i ricordi del mio passato,
tutte le impronte di ciò che è stato.
Vado imperterrito verso il futuro  
anche se è breve, anche se è oscuro.

Ma in esso regna ciò che io sogno,
tutte le cose di cui ho bisogno.  
Le mie speranze, le mie passioni,  
i miei desideri, le mie illusioni.

Solo in avanti il mio sguardo è proteso
e dei miei anni non sento il peso.  
Vado guidato dalla mia coscienza,  
ma della speranza non posso far senza.

R. Margareci
16-10-2013

domenica 13 ottobre 2013

Innamorarsi



Fermati un istante, ed ascolta il tuo cuore !
Ascolta le mille cose che ha da dirti,
le mille cose a cui sei rimasto sordo ! 
Lascia che la dolcezza sciolga le corde,
che tengono, imprigionate, le tue parole.
Prendi la sua mano ed incamminati, con lei,
lungo i viali fioriti dell'innamoramento. 
Gli occhi tuoi nei suoi, i suoi nei tuoi. 
Lasciati andare ! 
Dille che l'ami !
Abbracciala ! 
Ascolta, nel silenzio, il palpito dei vostri cuori:
Il tuo ed il suo che battono, all'unisono.
Baciala sulle labbra tremanti di passione !
Respira il suo respiro !
Assapora l’essenza di quell'attimo
che ha un nome breve e grande: Amore. 

R. Margareci
13-10-2013

martedì 8 ottobre 2013

Montagne


Cime eterne innevate dei monti di levante
illuminate dal vivido sole dell’alba nascente
che riflettono la rosea luce abbagliante
giù nella valle verso il colle a ponente

Verdi abeti dai rami verso il cielo svettanti
Flessuose betulle che costeggiano il viale
Edere verdi sui vecchi tronchi rampicanti
Bianco sentiero che verso il monte sale

Fragranza balsamica di resine colate.
Profumo misto di erbe umide e di fiori
giungono alle narici, dal vento portate.
Dalla terra esalano intensi gli umori.

Ti addentri nel bosco tra il fitto fogliame,
respirando l’aria fresca a pieni polmoni
Nel cuore appagato, per sempre, rimane
il ricordo indelebile di quelle sensazioni.

Ti inerpichi, procedendo per il ripido sentiero
e sali fino ad arrivare alla vetta del monte.
Sei ora li , ormai giunto, a due passi al cielo
Ammiri il panorama che ti si para di fronte.

Li nella valle, la torre, la chiesa, il campanile
Più a destra il ponte di legno sul ruscello,
un gruppo di case uno steccato, un ovile
Più in alto i resti di un vecchio castello.

Sembra il paesaggio ridotto e distante
Le persone sono simili a piccole formiche
che vanno e vengono in modo incessante
Tornano a casa per riposar dalle loro fatiche

Come tutto quanto ti appare lontano e piccino !
Ti sembra di essere il padrone dell’universo
Allarghi le braccia per stringerlo a te vicino
Adori quell’immensità in cui ti senti perso.

R. Margareci

08-10-2013

domenica 6 ottobre 2013

Un salto nel passato



Mi chiamo Vincenzo Scalisi, ho 28 anni, sono single, disoccupato e vivo da solo a Messina in una casa al secondo piano in via delle Monacelle, 13, lasciatami dai miei genitori.
Vivacchio, facendo qualche lavoro saltuario come imbianchino, idraulico, elettricista o qualsiasi cosa mi possa capitare.
La vita da solo mi fa spesso pensare e fare voli con la fantasia, ma una cosa così, non mi era mai capitata.
Quella sera dovevo avere mangiato pesante.
Sarà stata la peperonata o il fresco vinello di Alcamo, ma non riuscivo a prendere sonno.
Mi giravo e rigiravo nel letto, cercando di contare le pecore, ma dopo averne contate un migliaio, ero sveglio come prima.
Mi alzai per bere un bicchier d'acqua per calmare l'arsura e nel bagno gli occhi mi caddero su un tubetto di colore azzurrino, posto sulla mensola sotto lo specchio.
Lo presi per esaminarlo.
Era un sonnifero ma non mi ricordavo neanche di averlo.
Non ricordavo di averlo mai comprato e tanto meno di averlo messo li.
Di solito i medicinali li tengo in un armadietto, sempre nel bagno.
Lo guardai meglio e vidi che il prodotto era scaduto da più di un anno.
Cercavo disperatamente di ricordare e mi sovvenne che qualche anno prima il dentista, che mi aveva estratto un molare, mi aveva prescritto un antidolorifico e forse assieme a quello mi aveva prescritto anche un sonnifero, che poi non avevo usato.
Sul come poi fosse finito sulla mensola, mistero fitto.
Stavo per gettarlo nel cestino, quando mi ricordai che i medicinali scaduti, non fanno male. Al massimo perdono di efficacia.
Decisi di rischiare e provare.
Scartai l'involucro, aprii il tubetto,.
Conteneva dodici capsule gommose di colore ambrato.
Ne presi una, la misi in bocca e la ingoiai, aiutato da un sorso di acqua.
Spensi la luce del bagno e tornai a coricarmi, ma dato che il sonno non arrivava accesi il piccolo televisore che avevo sul comodino.
Trasmettevano "Porta a porta" trasmissione abbastanza noiosa, l'ideale, pensai, per conciliare il sonno.
Non so quanto tempo fosse passato ma ad un tratto mi resi conto che le trasmissioni erano finite, ed al posto dello schermo, era rimasta la sola porta da dove entravano gli ospiti.
La porta era diventata smisuratamente grande fino e prendeva l'intera parete.
Incredulo allungai la mano per toccarla, ma la porta cedette e mi trovai nella strada.
Ma come ? Feci tra me e me.
Come faccio a trovarmi per strada, se abito al secondo piano e non ho percorso nessuna scala ?
E perché sono vestito, mentre dovrei essere in pigiama ?
Non mi raccapezzavo proprio e mi voltai a guardare indietro e la mia bocca si spalancò per lo stupore.
Al posto del palazzo di cinque piani c'era una piccola casa di un solo piano e di fronte a me una vecchia porta, senza pulsanti o citofono, ma solo con un vecchio battente in ferro, con una testa di leone.
Era semi buio ed il tutto era rischiarato solo da una pallida falce di luna.
Strinsi gli occhi per vedere meglio l'ambiente che mi circondava.
Era un paesaggio insolito che non avevo mai visto.
A destra un basso muretto. A sinistra una siepe e di fronte, affiancato da due file di alberi, un lungo viale di cui non vedevo la fine. Dietro la casa una fitta boscaglia che formava una macchia oscura.
Non sapevo che pesci pigliare.
Rientrare non era possibile.
La porta era chiusa e sapevo che dentro non c'era nessuno che avrebbe potuto aprirmi.
Non avevo scelta, dovevo cercare qualcuno che potesse aiutarmi a rientrare in casa, ammesso che quella fosse ancora la mia casa.
Presi il coraggio a quattro mani e mi avviai guardingo e titubante per il viale dinanzi a me.
Camminai, camminai, ma senza incontrare anima viva. Cominciava ad albeggiare ed un tenue chiarore penetrava tra i rami degli alberi.
Poi, man mano sempre più forte arrivò alle mie orecchie un brusio.
Camminai ancora è sbucai in una piazza, affollate di persone che stavano allestendo i banconi di un mercato.
Le scene di mercato non erano nuove, per me, che amo spesso alzarmi ed andare in giro molto presto, ma quella scena aveva qualcosa di insolito.
I banconi erano i soliti, il pesce e la frutta pure, ma le persone no.
Erano vestite, come avevo visto solo in cartoline e quadri del primo 900.
Le donne mi colpivano in particolare. Portavano gonne lunghe fino ai piedi. Sopra le bianche camicette, quasi tutte portavano un corpetto ed in testa un fazzoletto che avvolgeva i capelli.
Osservavo incredulo ed incantato quella scena. Intanto il tempo passava ed il mercato cominciava ad affollarsi anche di massaie e di visitatori, che venivano a fare le compere.
Tra questi mi colpì un signore distinto che indossava una redingote color prugna ed un paio di pantaloni a righe verticali bianche e nere. Ai piedi un paio di scarpe ricoperte da due ghette bianche color crema ed in testa un panama bianco con una fascetta nera.
Lo seguiva una donna, probabilmente la domestica, che riponeva nella sua sporta di paglia, ciò che l,uomo andava man mano acquistando.
Mi parve la persona più adatta a darmi delle informazioni, mi feci coraggio e mi avvicinai a lui - Scusi signore, mi può dire l'ora ?
Mi guardo, come se avesse visto un ramarro, spuntare da un muro. Probabilmente il mio vestito ed il mio aspetto era completamente diverso da quello degli altri.
Poi si ricompose e trasse dal panciotto un orologio a cipolla.
- Secondo il mio oriolo, dovrebbero essere le dieci e mezza.
- Grazie signore, ma di quale anno ?
Qui il distinto signore perse del tutto la sua imperturbabilità.
Strabuzzò gli occhi e mi apostrofò :
- Ma giovanotto, avete perduto il lume dell'intelletto ?
- Oggi è il 27 Febbraio del 1908 !
Ringraziai e mi allontanai, ma sentivo sulla mia nuca lo sguardo sospettoso di quell'uomo.
Bighellonai un po' nel mercato e dato che mi era venuta un po' di fame, mi misi le mani in tasca e trovai un paio di monete da un euro. Mi avvicinai al banco di un fruttivendolo e chiesi delle arance.
Il fruttivendolo dopo avermi guardato, come un marziano, a causa dell'abito, quando vide gli euro, che gli porgevo, per pagare si convinse che dovessi essere almeno straniero.
- Nun su boni sti muniti, nun valuno nenti, ma si pigghiassi puru l'aranci. I muniti ci dugnu a me figghiu pi iucari...
( Non sono buone queste monete, non valgono niente, ma prenda pure le arance. Le monete, le darò a mio figlio per giocare.)
Presi le arance e me ne andai a sedere su una panchina sul lungomare.
Mi era faticoso anche mangiare gli spicchi di quelle arance.
Pensavo sempre a quella strana situazione in cui mi trovavo.
Non riuscivo a capire come mi ci ero cacciato dentro e non trovavo il modo di come venirne fuori.
E pensando, pensando giunse la sera.
Ero stanco per le emozioni e per avere camminato tanto senza metà.
Dovevo cercare un posto dove potere riposare.
Lo trovai sotto l'arcata di un ponte dove passava il treno.
Era un piccolo spiazzo erboso.
Mi tolsi la giacca e la ripiegai come fosse un cuscino e mi adagiai per riposare.
Mi addormentai subito di un sonno profondo e senza sogni, ma ad un tratto mi svegliai di soprassalto con una domanda inquietante .
Ma che giorno ha detto quell'uomo che era oggi ?
Il 27 Febbraio del 1908 ?
Ma allora domani, anzi oggi è la data del grande terremoto che distrusse Messina e Reggio !
Non feci in tempo a pensarlo.
Erano le 5,21 di Lunedì 28 dicembre 1908 ed una serie di scosse e boati cominciavano a distruggere la cittadina. Il terremoto ed il maremoto poi sia sussultorio, che ondulatorio era di una violenza inaudita
Cercai di trovare scampo e riparo da qualche parte ma inutilmente.
Un muro mi venne addosso e mi travolse.
Sentivo il peso di quel muro, che mi teneva imprigionato e non riuscivo a liberarmene.
Poi qualcosa cedette.
Il muro ?
No !   Il lenzuolo in cui ero inviluppato e mi svegliai sudato ed ansimante nel letto della mia stanza.
Era stato solo un brutto sogno ! Un incubo !
Colpa del sonnifero avariato ?
Chi lo sa ?

R. Margareci

06-10-2013

venerdì 4 ottobre 2013

Giancarla



Avevi un fiocco in testa, le guance rosa,  
occhi azzurri di mare e naso piccolino  
Con te io ci giocavo ogni mattino 
 giù nel cortile, inventando ogni cosa

Avevamo quattro anni e a noi dintorno  
il mondo pazzo di una brutta guerra  
ma noi incuranti a "tutti giù per terra"  
con gli amici nel nostro girotondo

Mi risuona ancora il tuo riso argentino 
quando sul bianco collo ti solleticavo
e ridevi, ridevi finché non mi fermavo  
Come ricordo il tuo viso birichino !

Forse amor non si prova a quell'eta  
ma tra noi due c'era lo stesso  
qualcosa che definir non posso  
Amicizia, affetto e complicità

Se il primo amore non ci scorda mai  
anche scordare te non è da meno  
Chissà se il mio ricordo porti in seno  
Il tuo è sempre in me. Ma tu lo sai ?

R. Margareci
04-10-2013

mercoledì 2 ottobre 2013

Non rinunciare all'Amore !


Devi credere sempre nell'Amore.
Se tu hai lasciato chi ti amava
o chi ti amava ti ha lasciato,
quello non era il vero Amore.

L'Amore è reciprocità,
è una catena che avvince con dolcezza
e ti rende felice di esserne preso,
di esserne schiavo !

L'Amore vero inizia e cresce sempre,
giorno per giorno, ora per ora.

Se ami chi non ti ama, non è Amore
è solo il fuoco della passione,
che rapida si accende e rapida si spegne.

Se un abbandono ha lasciato le piaghe
che non si sono ancora rimarginate.
se gli strali del dolore hanno trafitto
la tua anima ancora sanguinante,
non permettere che la cocente delusione
soffochi i tuoi slanci, i tuoi sentimenti.

Lascia che il tempo sani le tue ferite

Lascia le porte aperte del tuo cuore.
ed aspetta, aspetta con fiducia

C'è sempre un Amore che nasce
per ogni altro Amore che muore !

R. Margareci

02-10-2013